giovedì 30 aprile 2009

*Incipit*

Il mio nome è Aleksander Bleed.
O almeno credo.
In questo luogo, in questo tempo, questo sarà il mio nome.
Sono un figlio dei nostri giorni, sono uno come tanti, uno fra tanti.
Tra poco più di un settimana scoccherà l'ora in cui raggiungerò i ventisei anni di vita. Ventisei anni in cui ho raggiunto pochi risultati, probabilmente nessuno. Ventisei anni che mi sembrano una continua rincorsa verso la felicità, che però ha corso, da sempre, più veloce del sottoscritto. Ventisei anni in cui ogni giorno mi sono sentito fare promesse ed allo stesso mi sono stati, piano piano, silenziosamente, inculcati doveri e regole, che nulla hanno a che fare con la felicità. Anni in cui gli imput che arrivavano dal mondo che mi circondavano mi hanno fatto diventare uno dei tanti. Come tanti lo diventano. Come tutti anzi. Avevo sogni, aspirazioni, e tutto pare essersi frantumato, ma non da un momento all'altro, poichè nulla è arrivato a turbare con violenza uno stato dei fatti. No, questa frantumazione è avvenuta lentamente, anno dopo anno, giorno dopo giorno. Come giorno dopo giorno tutti quanti noi dobbiamo renderci conto di quanta sofferenza ci sia al mondo, di quanto dolore siamo costretti a sopportare, per vivere, per sopravvivere, nella speranza di quella piccola gioia che quotidianamente ci possa strappare un mezzo sorriso.
Come scriveva Quasimodo "ognuno è solo, sul cuor della terra - trafitto da un raggio di sole - ed è subito sera".
Mai parole furono più vere. La felicità, quella vera, quella duratura, quella che riempie la vita di una persona in ogni istante, mi sembra ora destinata a pochi, pochissimi fortunati eletti.
Sono poche le cose di me stesso di cui sono felice: la persona che mi sta vicino, che amo e che mi ama, anche se spesso ci causiamo sofferenze inutili, ma lei è veramente qualcosa di speciale, anche se non se ne rende conto. La mia passione per lo sport praticato, che è però solo una passione, poichè non sono mai stato incitato a farne qualcosa di più. La mia curiosità. Il mio desiderio, purtroppo troppo spesso non ascoltato, di conoscenza e di comprensione. I miei gusti musicali, questi sì, sono veramente niente male. La mia passione per il cinema, che ahimè, è stata anche causa di tanto dolore. La mia assopita forza di volontà, che sto cercando di tirar fuori dal suo torpore, ma che ogni tanto riesce ancora a ricordarmi, almeno nelle piccole cose, la mia capacità di raggiungere un obiettivo. La mia altezza. Già, sono alto, molto alto, e mi piace esserlo.
Credo sia tutto. Non è molto, purtroppo, tranne per la persona che amo.
Mi rendo conto di come il mondo che ci circonda tenda ad appiattirci tutti e la mia più grande paura, adesso, e di cedere a questa forza negativa. Perchè tutti noi nasciamo con dei sogni, ma tutti noi, o quasi, prima o poi dobbiamo fare i conti con la realtà. In quell'istante, dentro di noi, qualcosa muore, qualcosa si perde. La vita diventa un disco mandato in loop, uguale, nota dopo nota, senza più possibilità di sorprese, come quel film con Bill Murray in cui ogni giorno egli riviveva "Il giorno della marmotta". Come Bill Murray però, noi ora dobbiamo rompere tutto questo, noi dobbiamo ritrovare chi siamo, dobbiamo combattere davanti a tutto questo.
Così come sono poche le cose che amo di me, troppe sono quelle che odio, a partire da un lavoro che odio, passando per la mia famiglia che tanti problemi mi ha causato (le colpe dei padri ricadranno sui figli, diceva "qualcuno"), fino al senso di disgusto che provo ogni qualvolta al mare metto un piedi su uno scoglio sott'acqua su cui sono cresciute quelle viscide piantine di colore verde scuro scuro. E' ora però di guardare oltre, di combattere il dolore, e fare uno sprint per raggiungere quella felicità che, ad oggi, riesce a mettere i piedi uno dopo l'altro più velocemente di me. Ci devo riuscire, per me stesso, per vivere ancora, per smettere di sopravvivere. Ci devo riuscire perchè tutti devono riuscirci. Ci devo riuscire perchè voglio finalmente amarmi come mai sono riuscito a fare.
Ci devo riuscire.

*AB*

PS: "No Style", perchè? Perchè a volte mi sento fuori da questo mondo, senza quello stile che sembra sia doveroso mantenere, e voglio restare lontano da frenesie e da mode dominanti. Ecco perchè, spesso, mi sentirò in dovere di lanciare qualche monologo contro tutto ciò che droga la nostra società. Niente di troppo alto o complicato, non c'è da preoccuparsi, sono le cose più semplici che dominano il mondo che spesso mi lasciano con un punto interrogativo. Per esempio: Facebook, perchè?